Le auto compatte tornano protagoniste in Europa, ma resta il nodo della produzione sostenibile

L’Europa riscopre le auto compatte, ma il rebus resta la sostenibilità industriale.

Il ritorno delle piccole auto potrebbe sembrare un déjà-vu, ma questa volta il contesto è completamente diverso. A quasi un decennio dalla svolta green imposta dall’Unione Europea, il segmento A torna al centro del dibattito, spinto dalla necessità di rendere l’auto elettrica più accessibile.

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Le piccole e-car, proposte come soluzione ecologica, urbana ed economica, sono viste come strumento per rilanciare le vendite nel settore automotive, oggi frenato da costi elevati e da una transizione tecnologica ancora incompiuta. Ma non si tratta solo di una questione di mercato: l’idea nasce da una proposta formale inviata alla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, firmata da due grandi protagonisti del comparto: Luca de Meo (Renault) e John Elkann (Stellantis).

L’intento è chiaro: rinnovare l’industria europea partendo da una sua tradizione storica, quella delle utilitarie. In particolare per l’Italia, potrebbe significare un ritorno in grande stile nel segmento che un tempo dominava grazie a modelli iconici, prodotti in stabilimenti nazionali oggi in cerca di rilancio.

Piccole sì, ma servono vantaggi strutturali

La Commissione Europea sta per varare un nuovo regolamento che, sulla scia delle kei car giapponesi, potrebbe introdurre criteri omologativi semplificati e incentivi mirati: esenzioni su tasse, pedaggi e assicurazioni per chi sceglie le nuove mini elettriche.

Il confronto con il modello nipponico è esplicito: in Giappone, le kei car rappresentano oggi oltre un terzo del mercato grazie a un sistema normativo favorevole e una produzione localizzata. L’Europa mira a replicare lo schema, ma la riuscita dipenderà da quali tutele verranno garantite alla filiera produttiva continentale e da quanto saprà resistere all’offensiva di costruttori extraeuropei, in particolare cinesi.

Il nodo irrisolto: come fare profitti con auto economiche

La vera incognita, però, resta la redditività. Negli ultimi anni le case automobilistiche hanno puntato su SUV e berline di fascia alta per massimizzare i margini, spesso a scapito dell’accessibilità. Ma l’effetto è stato paradossale: auto sempre più costose e clienti sempre più restii all’acquisto.

Ora, il rischio è l’opposto: produrre auto piccole ed economiche con margini troppo ridotti, che non garantiscano la sostenibilità industriale per chi le costruisce. Senza contare l’importanza di mantenere una reale tracciabilità europea nella produzione, evitando che l’“economico” si traduca semplicemente in “importato”.

La partita è tutta nelle mani di Bruxelles. Come sottolineato da Fabio Massimo Signoretti su “la Reppublica”, l’ambizione è chiara, ma solo un impianto normativo efficace potrà trasformarla in realtà. Altrimenti, anche il ritorno delle piccole rischia di restare una grande occasione mancata.