Semafori, installata la nuova luce blu: se si accende ecco cosa devi fare, la vedrai solo in questi casi | Rivoluzione nel cds

Semaforo blu (Depositphotos foto) - www.vehicleucue.it

Semaforo blu (Depositphotos foto) - www.vehicleucue.it

Una nuova luce ai semafori fa discutere: dietro al colore scelto si nasconde una storia fatta di lingua e percezione.

Il semaforo fa il suo lavoro, cambia colore. Tu osservi il verde, poi il giallo, infine il rosso. Finché, un giorno, compare una luce diversa. È blu. Non lampeggia, non ti avverte. Tu attraversi con la sicurezza di chi crede di agire correttamente. Ma quella luce, silenziosa e decisa, non perdona distrazioni.

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La sanzione arriva senza clamore. Nessun agente, solo un sistema automatico che rileva il passaggio e genera la multa. Tu sei convinto di aver rispettato le regole, ma qualcosa è cambiato. Quella luce blu non è un’indicazione qualsiasi: è una soglia da non oltrepassare.

Non si tratta solo di tecnologia, ma di percezione. Il cervello ha codificato il verde come via libera e il rosso come alt. Il blu, invece, non ha un significato chiaro nel contesto stradale. Eppure, assume un valore cruciale. Chi lo interpreta nel modo sbagliato rischia non solo multe salate, ma anche la perdita di punti e la sospensione della patente.

Il cambiamento sfugge all’occhio finché non ne subisci le conseguenze. È sottile, quasi impercettibile. Nessuna comunicazione pubblica, nessuna segnaletica aggiuntiva: solo un colore diverso che si inserisce nel paesaggio urbano. Quando lo noti, spesso è già tardi. Il varco è stato registrato, la violazione è certa. Ma è possibile evitarlo?

Un colore che confonde

Quella luce blu non è frutto di un errore. È una scelta voluta, introdotta per migliorare la distinzione tra le fasi del semaforo e aumentare la precisione dei controlli. Tuttavia, senza un’informazione adeguata, si trasforma in un elemento ambiguo. L’automobilista medio non è pronto a interpretarla, e viene colto alla sprovvista.

Il rischio concreto è che il semaforo smetta di essere un alleato per la sicurezza, diventando invece uno strumento di controllo. La luce blu non spiega, non guida: rileva l’errore e punisce. In un sistema dove la segnaletica dovrebbe orientare e proteggere, questa scelta rischia di trasformarsi in un ostacolo.

Semaforo tendente al blu (Depositphotos foto) - www.vehiclecue.it
Semaforo tendente al blu (Depositphotos foto) – www.vehiclecue.it

Una tonalità che cambia tutto

Come riporta Xataka, il Giappone ha iniziato a introdurre i semafori negli anni ’30, adeguandosi inizialmente agli standard internazionali, che identificavano il verde come il colore del “via”. Tuttavia, nel 1960, con la nuova legge sulla circolazione stradale, il paese scelse ufficialmente di usare il termine “ao shingō”, cioè “segnale blu”, per indicare la luce verde del semaforo. La motivazione non era tecnica, ma linguistica: il giapponese antico usava il termine “ao” per descrivere un’ampia gamma di tonalità, comprese quelle che oggi definiremmo verdi.

Nonostante l’introduzione del termine “midori” per indicare il verde moderno, l’uso tradizionale di “ao” è rimasto radicato nella lingua comune, influenzando anche la segnaletica. Per adeguarsi agli standard della Convenzione di Vienna del 1968, senza però rinunciare alla propria identità, il Giappone decise nel 1973 di adottare una tonalità di verde con sfumature azzurrine, così da poter continuare a chiamarla “blu” senza entrare in contrasto con la percezione visiva.