ULTIM’ORA Fiat, il Lingotto non quaglia più: clonata la Mazda MX5 | Gli hanno solo cambiato lo stemma

Questo business è stato un fallimento (Freepik Foto) - www.vehiclecue.it
Negli ultimi anni il mondo dell’automotive ha mostrato quanto possa essere complesso far convivere tradizione, innovazione e le aspettative del mercato.
Non basta più proporre un prodotto ben fatto: bisogna riuscire a comunicare un’identità forte e distinguibile, capace di attrarre non solo i puristi ma anche chi cerca qualcosa di diverso.
Molti marchi hanno provato a rilanciarsi puntando sul fascino della nostalgia, recuperando nomi storici e modelli iconici del passato. Il problema è che non sempre la formula della memoria funziona: ciò che negli anni ’70 o ’80 accendeva i sogni, oggi rischia di sembrare una semplice operazione di marketing se non supportata da sostanza tecnica e carattere autentico.
La collaborazione fra costruttori di diversi Paesi ha poi aggiunto un ulteriore livello di complessità. Ci sono stati esempi riusciti, in cui le competenze si sono fuse dando vita a progetti memorabili. Ma ci sono stati anche casi in cui, nonostante le buone intenzioni, il risultato non ha convinto fino in fondo né gli appassionati né il grande pubblico.
Ed è proprio qui che entra in gioco una storia recente, che mostra come la sottile linea tra ispirazione e imitazione possa determinare il successo o il fallimento di un modello. Una storia che merita di essere raccontata con attenzione.
Un progetto ambizioso
Secondo quanto riportato da Coches.com (noticias.coches.com), nel 2016 debuttò una roadster che prometteva di unire l’eleganza del design italiano con l’affidabilità della tecnologia giapponese. La base tecnica e persino la catena di montaggio erano condivise con un’icona già affermata, ma a cambiare era soprattutto lo stile esterno e il cuore meccanico, con un motore turbo sviluppato in casa.
Le premesse sembravano vincenti: uno storico nome tornava in vita, con un tocco moderno e una spinta emozionale fortissima. Eppure, già dopo tre anni, il progetto venne archiviato. Le vendite, soprattutto in mercati come la Spagna, non decollarono mai, con numeri lontanissimi dall’auto “gemella” giapponese che continuava invece a macinare successi.

Una differenza che pesa
Il Fiat 124 Spider, lanciato nel 2016, rappresenta uno dei casi più curiosi del mercato automobilistico recente. Pur condividendo telaio, sospensioni e linea di produzione con la Mazda MX‑5, il modello italiano montava un motore turbo Fiat e sfoggiava un design completamente rivisitato, cercando di richiamare il fascino della storica 124 Spider. Tuttavia, nonostante l’eleganza e le buone prestazioni, il pubblico percepì l’auto più come una “gemella con stemma diverso” che come un modello unico, e le vendite rimasero molto al di sotto delle aspettative, confermando quanto sia difficile emergere quando la percezione di originalità manca.
Il motivo? Non bastava cambiare il vestito. Sempre Coches.com sottolinea come il pubblico percepisse la vettura più come una copia stilistica che come un modello capace di offrire un’esperienza unica. Certo, il motore turbo garantiva più coppia, ma l’erogazione meno fluida, il peso maggiore e la minore reputazione in termini di affidabilità finirono per penalizzarla. Al contrario, la rivale continuava a brillare grazie alla sua leggerezza, alla risposta immediata e al mito costruito negli anni: elementi difficili da replicare. In definitiva, la differenza tra “ispirazione” e “clonazione” si rivelò decisiva.