Patente, un piccolo sgarro e te la revocano a vita: per 20 anni non guidi più | I serial killer se la cavano con meno

Patente rinnovo (Canva foto) - www.vehiclecue.it
Una vicenda surreale: tra cavilli e ricorsi, un automobilista aspetta oltre vent’anni per tornare a guidare.
Può capitare che un banale imprevisto stravolga la quotidianità di una persona. Altre volte, invece, è una lunga catena di decisioni, provvedimenti e rimandi giudiziari a cambiare tutto, lasciando un segno profondo nella vita di chi li subisce. È proprio questa la cornice di una storia che si è trascinata per decenni, con conseguenze non solo pratiche ma anche emotive.
Quando la propria libertà di movimento viene limitata, non è soltanto la comodità a risentirne: si intaccano anche la possibilità di lavorare, i rapporti sociali e perfino il senso di autonomia. Per chi vive in un’area lontana dai grandi centri, come molte zone interne della Sicilia, l’assenza di un mezzo proprio può trasformarsi in una vera e propria gabbia.
Molti associano la perdita della patente a sanzioni per gravi violazioni del codice della strada. In realtà, le ragioni possono essere ben più complesse, legate a provvedimenti amministrativi o a valutazioni sulle qualità morali dell’automobilista.
La macchina della giustizia, poi, non sempre si muove alla velocità auspicata. Tra rinvii, questioni di competenza e passaggi da un tribunale all’altro, può accadere che una causa si trasformi in una maratona lunga anni, con costi e sacrifici non sempre riconosciuti a chi li affronta. Come sottolinea Il Giornale, questa storia ne è un esempio emblematico.
Il ritorno alla guida dopo un’attesa infinita
La vicenda inizia nel 1996, quando un automobilista di Caltabellotta si vide revocare la patente dalla prefettura di Agrigento per “mancanza di requisiti morali”, essendo sottoposto a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Terminata quella misura, l’uomo chiese di riavere la licenza, ma la richiesta fu respinta. Iniziò così una lunga battaglia legale, tra ricorsi e trasferimenti di competenza, che solo nel novembre 2023 si concluse con la restituzione definitiva della patente e la condanna della prefettura alle spese processuali.
Durante quegli anni, l’automobilista riuscì a ottenere solo un permesso provvisorio di guida grazie a una sospensiva, ma il procedimento non trovava mai una fine. Il TAR di Catania dichiarò di non essere competente e la causa passò al giudice civile di Palermo, che dopo oltre due decenni diede ragione all’uomo, sancendo così il suo diritto a tornare alla guida.

Il risarcimento per un’attesa irragionevole
Gli avvocati dell’automobilista, Daniele Pizza e Girolamo Rubino, ritenendo spropositata la durata del processo, fecero ricorso alla Corte d’appello invocando la legge Pinto. L’obiettivo era ottenere un indennizzo dal ministero dell’Economia e delle Finanze per il danno non patrimoniale subito dal cliente a causa di un’“irragionevole” durata del giudizio.
La Corte accolse la richiesta, riconoscendo il disagio subito dall’uomo. Il ministero fu così condannato non solo a rimborsare le spese processuali, ma anche a versare 8mila euro di risarcimento. Una cifra che non può restituire gli anni persi, ma che rappresenta il sigillo formale su una storia durata quasi un quarto di secolo.