Innovazione dall’India: Bambusa tulda e bio‑resine per sostituire la plastica nel settore automobilistico

Illustrazione di alcune auto (Canva FOTO) - vehiclecue.it

Illustrazione di alcune auto (Canva FOTO) - vehiclecue.it

La sostituzione della plastica dal parte delle bio-resine, in ambito automobilistico, è già realtà, come dimostra questa ricerca.

Quando si parla di materiali sostenibili, spesso si pensa a qualcosa di fragile o poco adatto alle applicazioni industriali. Ma negli ultimi tempi, le cose stanno cambiando, e anche parecchio. Alcuni ricercatori dell’IIT di Guwahati, in India, hanno fatto un bel salto avanti: hanno sviluppato un materiale composito a base di bamboo che potrebbe essere usato per gli interni delle auto. 

Il protagonista di questo studio è il Bambusa tulda, un tipo di bamboo molto diffuso in India e in altri Paesi del Sud-Est asiatico. Non si tratta solo di prendere delle fibre vegetali e incollarle qua e là: il lavoro del team ha coinvolto un’analisi sperimentale piuttosto dettagliata su come diversi tipi di resine epossidiche interagiscano con le fibre, soprattutto in termini di resistenza, assorbimento d’umidità e comportamento termico. 

Qualche numero? Le fibre sono state inserite nella matrice con una percentuale del 30%, il che non è poco. E dai primi risultati, già si capisce che ognuna di queste varianti ha i suoi pregi e difetti. La S1, ad esempio, ha mostrato la densità più bassa e una notevole rigidità, mentre la S2 si è distinta per l’ottima resistenza alla trazione. Insomma, un mix interessante di caratteristiche che meritava un confronto più strutturato.

E infatti non si sono limitati a fare le prove di laboratorio. Per capire quale fosse davvero la combinazione più adatta per l’automotive, i ricercatori hanno applicato un approccio decisionale chiamato VIKOR, un sistema usato per fare scelte complesse quando ci sono molti criteri da considerare. Una cosa seria, insomma, che non si basa sull’intuito ma su calcoli ben precisi.

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Bambù, resine e un po’ di numeri

Il team di Guwahati ha sperimentato quattro versioni di questi biocompositi, tutte con la stessa percentuale di carica (30%) ma con resine diverse. La variante S1, per esempio, si è rivelata interessante dal punto di vista meccanico: ha mostrato la densità più bassa (1,02 g/cm³), un alto contenuto bio (quasi il 62%) e ottime prestazioni in termini di resistenza flessionale (154,8 MPa) e rigidità (8,42 GPa). Per un materiale “verde”, non è affatto poco.

La S2, invece, ha colpito per altre qualità: è quella che ha assorbito meno umidità (4,49%), con il minimo rigonfiamento in spessore (7,37%) e una temperatura di transizione vetrosa che ha superato i 111 °C. Anche la resistenza alla trazione ha raggiunto valori elevati (144,76 MPa), e pure il modulo di stoccaggio ha toccato gli 8,82 GPa. La S3 si è distinta per la minore presenza di vuoti e una buona durezza (97,6), mentre la S4 è risultata la più economica in termini di produzione, anche se meno performante in altri aspetti.

Illustrazione di bioresina (Canva FOTO) - vehiclecue.it
Illustrazione di bio-resina (Canva FOTO) – vehiclecue.it

Una selezione ragionata (e sostenibile)

Per scegliere quale di questi materiali potesse davvero fare strada nel settore automobilistico, il gruppo ha utilizzato l’algoritmo VIKOR, uno strumento di analisi decisionale multi-criterio. Non si tratta solo di guardare al dato più alto: si valuta il compromesso migliore tra tanti parametri. Alla fine, la versione S2 è risultata la più promettente. In pratica, rappresenta un buon equilibrio tra prestazioni meccaniche, stabilità termica e resistenza all’umidità.

Va detto, però, che nessun materiale è perfetto. Le biocomposite sperimentate presentano ancora delle criticità, come l’idrofilia (ovvero la tendenza ad assorbire acqua), il legame non sempre ottimale tra fibre e matrice e alcune difficoltà nella fase di estrazione delle fibre stesse. Ma nonostante tutto, l’interesse industriale è forte. Si sta già pensando a come produrre questi pannelli in modo più efficiente, magari usando stampaggio a compressione o tecniche simili, per creare componenti come cruscotti, rivestimenti delle portiere o schienali dei sedili.